Il 29 aprile del 1787 Johann Wolfgang Goethe, il più grande e conosciuto viaggiatore di tutti i tempi, dalla città austriaca di Sonntag, nel redigere il suo: Viaggio in Italia, riportò i dati rilevati in Sicilia nei pressi di Calascibetta, mentre la osservava dalla vicina Enna (allora Castrogiovanni): Calascibetta è situata in una posizione estremamente panoramica, ad anfiteatro, sopra una rupe sforacchiata di grotte. Ma chi poteva pensare a godere tale spettacolo”. Effettivamente, ancora alla fine del settecento parecchie costruzioni di Calascibetta non erano state edificate ed il loro numero risaliva a circa 1300, mentre gli abitanti oscillavano intorno a 4700. La città rupestre, conta più di mille grotte che nel settecento erano più visibili di oggi anche a distanza, tanto da meravigliare Goethe. Oggi gran parte delle grotte sono retrostanti alla parte edificata. La posizione geografica della città è stata da sempre strategica sia dal punto di vista militare che per la logistica ma anche  equidistante dai tre mari della Sicilia.
Il primo insediamento costruito sulla sommità del monte Xibet dagli arabi nel 851 fu un piccolo fortilizio, successivamente chiamato castello Marco. Oggi parzialmente visibile all’interno della Regia Cappella Palatina, costruita sui suoi ruderi. Presenze arabe sono riscontrabili nella morfologia di diverse stradine tortuose che si snodano verso l’antico fortilizio. Il castello fu uno dei primi castelli di vetta della Sicilia, divenuto successivamente castello regio. L’evoluzione successiva portò alla città demaniale. Calascibetta fu una delle quarantadue città demaniali della Sicilia ed occupava il ventiquattresimo posto del Parlamento Siciliano, troviamo una citazione di ciò nel parlamento tenutosi nella città di Siracusa nel 1392, sotto il regno aragonese di Martino il Vecchio. Calascibetta vanta origini antichissime, popoli del mediterraneo dal 2.500 a.C. si sono alternati nel suo vasto territorio, lasciando notevoli tracce di civiltà e cultura nelle aree poco distanti dall’attuale centro abitato. La città si sviluppò con i normanni in particolare sotto Ruggero d’Hauteville (Altavilla) ed ancora oggi, la parte alta del suo centro storico risente del suo impianto medievale. La zona alta della città presenta un sottosuolo roccioso traforato da innumerevoli grotte nascoste dalle costruzioni antistanti, assimilabile per diversi aspetti alla città di Matera in Basilicata, dichiarata Capitale Europea della Cultura per l’anno 2019.
La città più a nord dell’antico Val di Noto, fino all’anno 1818 fu Calascibetta, ubicata ai piedi del monte Altesina, la montagna scelta dagli arabi per suddividere la Sicilia intre aree: Val di Noto, Val Demone e Val di Mazara.  Da diversi punti di osservazione è visibile il monte Altesina individuato dagli arabi come il vertice che divideva la Sicilia in tre Valli: Val Demone, Val di Mazara e Val di Noto, Valli ancora riconosciuti fino alla stessa data sotto i borboni, quali reali dominii al di là del Faro. Dall’età del rame l’uomo ha lasciato tracce del suo passato, le cui testimonianze sono ospitate nei musei regionali di archeologia di Enna e di Siracusa.
La storia più recente, dall’XI secolo con i normanni, ai giorni nostri, offre segni ancor più tangibili e ben conservati come la Torre Normanna, costruzione adiacente all’antica chiesa fortezza edificata nel 1079 dal Conte Ruggero. La Chiesa Madre del 1340, elevata nel 1342 a Regia Cappella Palatina del regno di Sicilia, la seconda dopo quella di Palermo. La figura principale di questa grande istituzione fu quella del Cappellano Regio, primo dei dodici canonici regi, era anche il parroco della parrocchia di Santa Maria Maggiore. Veniva anche denominato Cappellano Maggiore, ed insieme ad altri undici canonici regi, formava il Capitolo della Regia Cappella Palatina di Calascibetta. Per diversi secoli una legge speciale, il diritto della “Legazia Apostolica” o “Monarchia Sicula”, fruttò alla città privilegi e franchigie riservate ad essa ed a poche altre città della Sicilia.
Il 2 Novembre 1347 Nicolò di Arcangelo fondò a Calascibetta l’Ospedale di Santa Barbara come succursale dell’Ospedale del Santo Spirito di Roma in Saxia, ciò fu confermato a Catania dalla lettera del 2 novembre 1389 dal vescovo Simone de Puteo.

Tra le 52 comunità ebraiche di Sicilia, figurava anche Calascibetta, infatti gli ebrei vi abitarono dal 1350 al 1492  in un loro quartiere detto Giudea, fuori dalle mura della città medievale. Tracce dell’antica sinagoga e della fontana per le abluzioni, sono ancora visibili, mentre gli ebrei del borgo si dedicarono ai commerci, all’usura ed all’artigianato.
Durante la dominazione spagnola e fino al 1818, la città demaniale diventò anche “Capocomarca” di un comprensorio di sette comuni con l’autorità, su: Caltanissetta, San Cataldo, S. Caterina Villarmosa, Valguarnera, Villarosa, Villapriolo. Dal XVI secolo in poi fiorirono nuove chiese e monasteri di notevole interesse architettonico e culturale. Dodici regie trazzere da Calascibetta si diramavano a raggiera sul territorio siciliano, collegando la città con altri centri, ma soprattutto con le città poste sulle tre coste siciliane ed i loro porti.
Il 26 Giugno 1535 Carlo V di Spagna, trovandosi la Corona in difficoltà economiche, decise di vendere la città demaniale Calascibetta. L’imperatore la diede in pegno per 27.000 fiorini a Ludovico Vernagallo, ma le famiglie Anzira, Terrachina, Castelluzzo, Labruto, Aucello, Lo Vecchio, Agristina, Marchiafava, Gulletta, Di Vita, Summa, Venuta, Forte, Mattiolo, Monrecavo, Gallarano e Ranzulla, cittadini di Calascibetta con il proprio denaro ricomprarono la città dalla servitù baronale e le ridiedero la libertà, di cui aveva prima goduto. Alla città per tale gesto l’imperatore diede il titolo diCITTA’ VITTORIOSA”. Una seconda volta, il 22 Gennaio 1629 sotto il regno di Filippo IV d'Asburgo-Spagna (1621 - 1665), sempre per lo stesso motivo vi fu un secondo pignoramento della città di Calascibetta, questa volta fu data in pegno ad Ottavio Centurione, mercante genovese, per 12.000 scudi. Anche questa volta gli abitanti di Calascibetta, vogliosi di amor di patria e di libertà, con tanti sacrifici raccolsero la somma e la versarono al re. Anche in quest’occasione il riscatto valse alla città, da parte di Carlo II re di Spagna e della reggente regina madre Marianna d'Austria, succeduti nel frattempo al trono di Spagna, il titolo di CITTA’ FEDELISSIMA con lettera datata Madrid 2 Aprile 1668. I due titoli “Urbs Victoriosa et Fidelissima” figurano tuttora nel cartiglio che si trova fra gli artigli dell’aquila sul gonfalone civico.
Le peculiarità storica e culturale, conferiscono alla città di Calascibetta una tipicità particolare, poiché luoghi, fatti storici, privilegi e prerogative di questo centro sono singolari.